Archivi del mese: aprile 2014

L’intervista di Angela Deodato a Radio 3 Scienza

angelaIn occasione dell’evento conclusivo del Progetto, la nostra Anenrico_predazzigela Deodato, pur emozionatissima, ha rappresentato la Classe, rispondendo all’intervista di Radio 3 Scienza, in una trasmissione onorata dall’intervento del Professore emerito Enrico Predazzi, già ordinario di Istituzioni di Fisica Teorica nell’Università di Torino, Presidente del Centro Interuniversitario Agorà Scienza.

 

 

Dal seguente link è inoltre possibile visionare il video integrale dell’evento conclusivo svoltosi a Torino il 15 Aprile 2014 presso l’Aula Magna “Primo Levi” del Dipartimento di Chimica:

http://www.unito.it/media/?content=6623

 

  • Come funziona il differenziamento delle staminali

    (Fonte: www.scienzattiva.eu)

    Domanda di:
    Michela Trotta – II F – “IPSSEOA SOVERATO”

    Nei tessuti adulti potrebbe essere presente qualche molecola, capace di indurre la differenzazione, visto che le cellule staminali differenziano solo quando escono dalla nicchia staminale? E che cosa le induce, ad un certo punto della loro vita, ad abbandonare la nicchia e cominciare a differenziarsi?

    Risposta di:
    MAURILIO SAMPAOLESI
    Esperto in Tessuto muscolare.Professore Associato presso la sezione di Anatomia Umana, Dipartimento di Sanità Pubblica, Neuroscienze, Medicina Sperimentale e Forense, all’Università di Pavia dove insegna Anatomia Umana per l’interfacoltà di Biotecnologie. Consulente presso lo “Stem Cell Research Institute” di Leuven, Belgio e responsabile del laboratorio di Cardiomiologia Traslazionale.
    (vedi profilo completo dell’Esperto)

    I segnali molecolari sono alla base del differenziamento cellulare. I fattori di trascrizioni, di crescita, i microRNA, le citochine, ma anche eventi fisici e chimici, quali variazioni di pH, concentrazione di ossigeno, NO e danni tissutali influenzano il differenziamento delle cellule staminali adulte. Il concetto di nicchia è complesso ed include oltre alle molecole di segnale anche altri tipi cellulari (fibroblasti, cellule endoteliali, mesenchimali, etc). Alcuni ricercatori hanno recentemente pubblicato che abbassando il pH a fibroblasti fetali si induce il loro de-differenziamento in cellule staminali pluripotenti. Quindi il controllo in molti casi è bidirezionale. Anche l’epigenetica (l’insieme dei processi biologici che influenzano il fenotipo senza alterare il genotipo) è molto importante per il differenziamento cellulare. Ad esempio la metilazione di un promotore genico può inibirne l’espressione e causare quindi cambiamenti cellulari importanti. Nel corpo umano esistono staminali sempre attive, come nel sangue (derivate dal midollo osseo) e nella pelle (situate nello strato basale dell’epidermide). In questi tessuti il turnover è molto veloce e quindi le cellule staminali si dividono continuamente generando altre staminali e progenitori che differenzieranno in cellule somatiche. Un esempio invece di tessuto con grandi capacità rigenerative basato su cellule staminali quiescenti (che non si dividono) è il muscolo scheletrico. Le staminali del muscolo sono le cellule satelliti che riposano nella loro nicchia di staminalità, situata tra la lamina basale e la membrana plasmatica della fibra muscolare. Quando la fibra si danneggia, ad esempio durante intensa attività fisica, le cellule satelliti a contatto con l’ambiente extracellulare si svegliano e iniziano a dividersi e grazie all’attivazione di geni trascrizionali regolatori (Pax3 Pax7) che agiscono su altri geni a cascata iniziano il processo differenziativo. Alla fine ogni satellite genera centinaia di altre cellule che fonderanno tra loro per generare una nuova fibra muscolare. Durante il processo differenziativo alcune delle satelliti Pax3/Pax7 positive rientreranno nella nicchia in uno stato quiescente, pronte a partecipare ad un nuovo evento di rigenerazione tissutale. Un esempio di molecola capace di attivare le satellite e svegliarle dal loro stato quiescente è l’HGF, hepatocyte growth factor (fattore di crescita degli epatociti) un potente fattore di crescita capace di far proliferare diversi ti pi cellulari. Probabilmente il danno muscolare che porta a contatto le satelliti con l’ambiente extracellulare espone le satelliti all’HGF presente negli interstizi cellulari innescando gli eventi descritti in precedenza. Questo avviene perché le satelliti esprimono il recettore di HGF chiamato cMet che una volta legato attiva i processi proliferativi. E’ noto che molti tumori metastatici (capaci di migrare) esprimono il recettore cMet. Fortunatamente le satelliti sanno poi spegnere il segnale innescato da HGF attivando fattori trascrizionali quali Pax3, Pax7, MyoD e Myogenin che innescano la produzione delle proteine contrattili muscolari, incluse la miosina e l’actina. Oltre HGF e cMet esistono altre vie di segnale che inducono la migrazione delle cellule staminali. Il più importante è senz’altro rappresentato da SDF1 (stromal cell-derived factor 1, fattore 1 derivato dalle cellule stromali) e il suo recettore CXCR-4 (chemokine receptor type 4, recettore 4 chemochinico). In questo caso in alcune nicchie differenziative alcune cellule producono SDF1 per attrarre cellule staminali che esprimono CXCR-4. Purtroppo, come nel caso di cMet/HGF, anche le cellule tumorali (cancer stem cells?) sfruttano queste vie di segnale per muoversi in queste autostrade cellulari.

    Risposta di:
    ANTONIO UCCELLI
    Esperto per l’ematopoiesi. Componente del Centro per la Sclerosi Multipla dell’Università di Genova diretto dal Prof. Gianluigi Mancardi dove svolge attività assistenziale e di ricerca. E’ il responsabile scientifico della Unità di Neuroimmunologia presso la stessa sede.
    (vedi profilo completo dell’Esperto)

    Una nicchia consiste in un microambiente a livello di un tessuto locale, capace di mantenere, proteggere e indirizzare una o piu’ cellule staminali ed e’ importante notare come vi siano evidenze che il microambiente caratteristico delle nicchie sia un fenomeno localizzato e non una proprieta’ generalizzata del tessuto in questione. Attualmente sono state identificate diverse nicchie che variano per dimensioni e complessita’. Per fare solo uno esempio le nicchie delle Cellule Staminali Follicolari(FSC) contengono un solo tipo di cellula stiaminale mentre, le nicchie germinali, ne contengono due tipi diversi come diverse saranno le vie per la trasduzione del segnale. Vi sono inoltre evidenze che alcune SC possono sopravvivere come singole cellule nel contesto di nicchie dristribuite a livello di tutti i tessuti. In altri casi, troviamo raggruppamenti di cellule staminali in strutture specializzate all’interno di tessuti come nel bulbo del follicolo pilifero o nell’ area subventricolare dell’encefalo. Le nicchie sono in grado di mantenere le cellule staminali residenti indifferenziate grazie a un sistema di signaling intercellulare a breve raggio. Segnali locali limitano il numero totale di cellule che possono essere contenute e assicurano che una delle due cellule figlie derivanti dalla divisione della cellula progenitrice esca dalla nicchia e vada incontro a differenziazione. Esempi di questi segnali sono JAK/STAT, Notch e Iag-2 . Tuttavia risulta difficile identificare come e da chi questi fattori vengano prodotti. Per esempio, il sistema di segnale Hedgehog e’ richiesto per mantenere le cellule staminali nervose nella zona subventricolare ma non siamo in grado di dire con precision se questo venga prodotto da componenti specializzati della nicchia o se si trovi in maniera piu’ diffusa a livello della zona subventricolare. In aggiunta a un sistema di segnalazione “principale” si aggiungono poi diversi stimoli accessory il cui ruolo non e’ ancora del tutto compreso. Una caratteristica comune quindi alle cellule staminali e’ che la loro divisione sia solitamente asimmetrica: una cellula figlia rimane nella nicchia, l’altra differenziera’. Due meccanismi sono meglio noti per spiegare questa asimmetria: “daughter derepression” e “daughter induction”. Nel primo caso la differenziazione e’ guidata da un segnale locale generato dalle vicine cellule stromali, nel secondo e’ richiesto l’intervento di segnali intercellulari, per esempio cellule staminali intestinali di Drosophila si dividono asimettricamente in modo che solo una delle cellule figlie riceva Notch indirizzandola quindi a restare all’interno della nicchia. Non e’ ancora del tutto chiaro se anche le cellule di mammiferi utilizzino questo sistema per automantenersi. Un’altro meccanismo in grado di indurre la differenziazione delle SC oltre a quelli bioumorali e di adesione e’ poi quello meccanico. Gli stimoli meccanici sono il risultato di forze agenti sulla cellula che possono essere distinte in tensive o compressive. La risposta biologica a questi stimoli esogeni sara’ influenzata non solo dalla forza iniziale ma anche dalle conseguenti alterazioni che avverranno nella cellula. Le cellule sono in grado di trasudrre stimoli meccanici in output biochimici (mechanochemical signaling). Alcuni dei meccanismi attivati sono il rilascio di fattori di crescita autocrini, attivazione di kinasi sensibili a stimoli meccanici come Src e l’attivazione di secondi messageri. Questi processi possono attivamente regolare e lavorare in sinergia con i classici meccanismi biochimici di trasduzione del segnale che controllano la differenziazione delle cellule staminali.

     

  • Cellule epatiche da cellule staminali: quali prospettive

    (Fonte: www.scienzattiva.eu)

    Domanda di:
    Michela Trotta – II F – “IPSSEOA SOVERATO”

    Abbiamo letto che alcuni ricercatori sono riusciti a produrre cellule epatiche perfettamente funzionanti partendo da cellule della pelle. Quali sono le possibilità reali di poter “costruire” in questo modo un fegato utilizzabile nei trapianti? E in quali tempi?

    Risposta di:
    FRANCA FAGIOLI
    Esperto in Cellule staminali ematopoietiche e terapie nelle malattie del sangue. Specialista in Ematologia e in Pediatria, attualmente è Direttore della Struttura Complessa di Oncoematologia e Centro Trapianti dell’Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino.
    (vedi profilo completo dell’Esperto)

    I risultati di questo studio offrono una nuova speranza per i milioni di persone che soffrono o sono a rischio di sviluppare insufficienza epatica – una condizione sempre più comune che si traduce in perdita progressiva e irreversibile della funzionalità epatica. Attualmente, l’unica opzione è un trapianto di fegato. In futuro questa tecnica potrebbe rappresentare un’alternativa per quei pazienti che non hanno bisogno di sostituire l’intero organo o che non possono accedere al trapianto di fegato per mancanza di donatori. Purtroppo, la disponibilità di organi non è in grado di costituire una risposta adeguata alla domanda che, di conseguenza, cresce sempre di più, prolungando ulteriormente i tempi della sofferenza e della terapia di quanti sperano in un intervento risolutivo. Ecco perché la strada che sempre più sta cercando di intraprendere la medicina di domani è quella della messa a punto di veri e propri “pezzi di ricambio” che intervengano a sostituire l’organo danneggiato e non funzionante, evitando anche al paziente le eventuali complicazioni dovute al rigetto. Sicuramente molta strada deve essere fatta per poter rendere applicabile all’uomo questa tecnica che oggi, sulla base dei risultati ottenuti sembra sempre più fattibile e vicina.

     

  • Qual è il meccanismo che consente alle cellule staminali di riprodursi in modo asimmetrico

    (Fonte: www.scienzattiva.eu)

    Domanda di:
    Angela Deodato – II F – “IPSSEOA SOVERATO”

    Nel normale processo di mitosi, da una cellula madre si ottengono due cellule figlie identiche, con lo stesso DNA. Qual’è il meccanismo che consente alle cellule staminali di riprodursi in modo asimmetrico dando vita a due cellule diverse di cui una ancora staminale e una differenziata?

    Risposta di:
    FRANCA FAGIOLI
    Esperto in Cellule staminali ematopoietiche e terapie nelle malattie del sangue. Specialista in Ematologia e in Pediatria, attualmente è Direttore della Struttura Complessa di Oncoematologia e Centro Trapianti dell’Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino.
    (vedi profilo completo dell’Esperto)

    La divisione asimmetrica consiste in diverse fasi: 1) svolgimento del ciclo cellulare in modo analogo alle cellule normali nelle fasi G1 S e G2. 2) All’inizio della fase mitotica avviene un processo diverso: la cellula anziché dividersi in due cellule figlie identiche, dà vita a due cellule diverse tra loro: una cellula figlia uguale alla cellula che la ha generata e un’altra cellula detta cellula di transito che inizia il processo di differenziazione. La cellula figlia staminale prende il posto della cellula che l’ha generata e la cellula di transito inizia a migrare verso il luogo dove c’è bisogno di nuove cellule mature, e durante questo percorso effettua numerose divisioni. In questo modo, a partire da una singola cellula staminale si sono prodotte numerose cellule differenziate che hanno rinnovato i tessuti e la cellula staminale figlia si è generata grazie a una sola divisione cellulare, rendendo così minima la possibilità di errori di copiatura del codice genetico. Il processo di divisione asimmetrica è molto efficace però presenta dei difetti: se per qualche motivo (come ad esempio un trauma che comporta una perdita di staminali) si “inceppa” il meccanismo si può ridurre il numero di staminali, con il rischio che non ci sia più la possibilità di produrre un numero sufficiente di cellule mature. La sola divisione asimmetrica non dà la possibilità alle staminali di aumentare di numero. Per permettere alle staminali di aumentare o diminuire il loro numero il nostro organismo utilizza la divisone simmetrica. Perché abbia luogo la divisione asimmetrica, il fuso mitotico deve collocarsi non centralmente, come avviene durante una divisione simmetrica, ma verso l’estremità posteriore della cellula, collocazione che avviene attraverso l’intervento dei microtubuli, strutture proteiche filamentose. All’inizio della divisione asimmetrica i microtubuli iniziano ad allungarsi fino a toccare il reticolo di molecole di actina posto all’estremità della cellula per poi iniziare subito ad accorciarsi. L’accorciamento determina pertanto che tutto l’apparato di divisione cellulare venga attirato verso la membrana.

     

  • Similitudine tra cellule tumorali e cellule staminali

    (Fonte: www.scienzattiva.eu)

    Domanda di:
    Valeria Riolo – II F – “IPSSEOA SOVERATO”

    Se le cellule tumorali sono meno differenziate del tessuto in cui appaiono e come le pluripotenti continuano a dividersi all’infinito, l’insorgenza del tumore potrebbe essere innescata dalla riattivazione dei geni che determinano la pluripotenza delle cellule staminali embrionali e che vengono silenziati dopo il differenziamento?

    Risposta di:
    MAURILIO SAMPAOLESI
    Esperto in Tessuto muscolare.Professore Associato presso la sezione di Anatomia Umana, Dipartimento di Sanità Pubblica, Neuroscienze, Medicina Sperimentale e Forense, all’Università di Pavia dove insegna Anatomia Umana per l’interfacoltà di Biotecnologie. Consulente presso lo “Stem Cell Research Institute” di Leuven, Belgio e responsabile del laboratorio di Cardiomiologia Traslazionale.
    (vedi profilo completo dell’Esperto)

    Bellissima domanda che al momemto non trova una risposta definitiva. Sicuramente la riattivazione di geni legati alla pluripotenza sono implicati nel fenomeno neoplastico. Un esempio chiaro è il gene cMyc, considerato un proto-oncogene. Infatti, in molti tumori maligni si riscontra una versione mutata di cMyc che porta il gene ad essere costitutivamente espresso. Ma cMyc è presente anche nelle cellule staminali embrionali ed è uno dei 4 geni indotti dal protocollo Yamanaka (laureatosi premio Nobel nel 2012 ) per indurre la pluripotenza. Il fatto che può essere omesso a discapito dell’efficienza di induzione della pluripotenza ci dice però che non è indispensabile. Un altro esempio è c-Kit o CD117 marker di tante staminali adulte ed espresso anche nelle cellule dei tumori stromali gastrointestinali (GIST). Circa l’80-90% dei GIST è caratterizzato da una mutazione specifica a carico di c-KIT che lo rende costitutivamente espresso. Ma cKit è altamente espresso anche nelle cellule staminali ematopoietiche considerate multipotenti e non pluripotenti. In conclusione, molti geni legati alla pluripotenza che sfuggono al controllo del silenziamento (l’epigenetica ha un ruolo importante in questo processo) possono portare all’insorgenza di tumori. Le nuove linee di ricerca sulle cellule staminali tumorali potranno dare in futuro maggiori informazioni e rispondere meglio a questa domanda.

    Risposta di:
    ANTONIO UCCELLI
    Esperto per l’ematopoiesi. Componente del Centro per la Sclerosi Multipla dell’Università di Genova diretto dal Prof. Gianluigi Mancardi dove svolge attività assistenziale e di ricerca. E’ il responsabile scientifico della Unità di Neuroimmunologia presso la stessa sede.
    (vedi profilo completo dell’Esperto)

    La domanda è quantomai opportuna infatti relativamente recenti scoperte hanno evidenziato il ruolo di cellule con proprietà equivalenti a quelle delle cellule staminali come parte integrante dello sviluppo e del perpetuarsi di diversi tipi di tumori, in particolare del Sistema Nervoso Centrale, Ematopoietico e tumori al seno. Distinte e rare popolazioni di “tumor-initiating cells” con capacità di autorinnovamento, pluripotenzialità e capacità proliferative hanno quindi portato allo sviluppo del concetto di “cancer stem cells”. È quindi possibile che queste “cancer stem cells” originino a seguito di mutazioni di normale cellule staminali o più probabilmente che esse derivino da mutazioni a carico di cellule progenitrici. Questi progenitori (“transit-amplifying cells”) possiedono una buona capacità replicativa ma non hanno la tipica capacità di automantenimento delle cellule staminali classiche. Per diventare quindi “cancer stem cells” dovranno acquisire mutazioni che le porteranno a possedere tale capacità. Queste cellule potranno poi dare origine a tutte le cellule del tumore primitivo, potranno formare il reservoir di cellule tumorali resistenti alla terapia responsabili di recidive dopo una remissione dovuta dalla chemioterapia, o potranno essere responsabili di metastasi a distanza. Queste evidenze hanno portato alla ricerca di strategie terapuetiche in grado di eliminare questo nucleo di cellule staminali tumorali che si rileverebbero molto più efficaci nel prevenire recidive e lo sviluppo di metastasi a distanza.

     

     

     

  • Staminali nella cura delle malattie autoimmuni

    (Fonte: www.scienzattiva.eu)

    Domada di:
    Maria Vittoria Benvenuto – II F – “IPSSEOA SOVERATO”

    Potrebbero le infusioni di staminali, nel sangue, essere usate per le cure delle malattie autoimmuni? Cosa succede nell’evoluzione delle malattie autoimmuni quando subentra la fase della remissione? Nella fase di remissione, come il corpo “ha riparato” i danni della malattia?

    Risposta di:
    FRANCA FAGIOLI
    Esperto in Cellule staminali ematopoietiche e terapie nelle malattie del sangue. Specialista in Ematologia e in Pediatria, attualmente è Direttore della Struttura Complessa di Oncoematologia e Centro Trapianti dell’Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino.
    (vedi profilo completo dell’Esperto)

    Si definisce malattia autoimmunitaria (o malattia autoimmune) un’alterazione del sistema immunitario tale da comportare lo sviluppo di risposte immuni dirette contro componenti dell’organismo (“self”) in grado di determinare un’alterazione funzionale o anatomica del distretto colpito. Il concetto di malattia autoimmune infatti non coincide con quello di reazione autoimmune, dato che quest’ultimo fenomeno biologico è in realtà estremamente frequente nell’ambito delle normali funzioni di difesa assolte dal sistema immunitario; l’elemento distintivo della malattia autoimmune è piuttosto l’incapacità del sistema immunitario di spegnere i processi diretti contro il self al termine di una fisiologica risposta infiammatoria o di prevenirne lo sviluppo al di fuori di essa. Il processo di attacco autoimmune contro antigeni del self può essere confinato a singoli distretti, tessuti, organi o apparati o avere ricadute dirette o indirette sull’intero organismo (malattia sistemica). L’importanza della cura con le cellule staminali è dovuta alla loro capacità, ben documentata in letteratura scientifica, di avere un effetto immunomodulante ed in particolar modo immunosoppressivo. Questi risultati hanno portato ad effettuare studi e trials clinici su pazienti affetti da alcune patologie autoimmuni, osservando nei gruppi una ridotta mortalità dopo il trapianto di cellule staminali ed un rientro della sintomatologia con miglioramento dell’attesa di vita dei pazienti. In patologie come l’artrite reumatoide, la sclerosi sistemica e la demielinizzazione delle fibre nervose si è osservato un miglioramento dei sintomi con rimodellamento o rigenerazione delle strutture compromesse. Oltre a ciò si è potuto osservare anche un potente effetto anti-infiammatorio con recupero della funzionalità dei tessuti danneggiati. Partendo da questi presupposti, l’utilizzo di cellule staminali mesenchimali adulte in terapia è sicuramente una metodica che potrebbe portare a risultati di considerevole importanza nella cura delle malattie sistemiche autoimmuni, migliorando la qualità della vita ed eliminando cure farmacologiche ed effetti secondari derivanti sia dalla patologia sia dall’assunzione di farmaci, che nella maggior parte dei casi compromettono la funzionalità di organi importanti come fegato e reni. Si tratta purtroppo di patologie ad andamento cronico e quindi, per definizione, progressive. L’obiettivo del medico dev’essere quello di tenerle sotto controllo. Si caratterizzano per l’alternarsi spontaneo di momenti di riaccensione e di remissione. Durante le fasi di quiescenza, si seguono regimi terapeutici a basso dosaggio. Durante la fase di remissione, si ha un’attenuazione dei meccanismi che provocano danno e di conseguenza si assiste ad un ariduzione della sintomatologia.